Tempo Ordinario Post Pasquale
Dopo la solennità di Pentecoste riprende il tempo liturgico ordinario che ci condurrà fino all’avvento. Un lungo periodo dove ognuno potrà riposare e trovare spazio per sé, pace per lo spirito, un po’ di tregua per la mente e tanto benessere per il corpo.
La festa della Santissima Trinità ci guida a mettere mano sul serio alle nostre relazioni, mentre la festa del Corpus Domini ci darà valide indicazioni per prenderci cura della nostra fisicità.
Momenti vivi per la nostra realizzazione saranno offerti dalle solennità della Trasfigurazione e dell’Assunta nel mese di agosto a ricordarci chi siamo veramente e che siamo stati creati per essere ri-assunti insieme nelle sfere celesti. La festa di tutti i Santi ci presenterà la vita del regno dei cieli preparata per chi ha cominciato a vivere nello spirito delle Beatitudini e la solennità di Cristo re dell’universo ci indicherà che Lui solo è la Via, la Verità e la Vita per entrare nella gioia di questo regno per sempre. Cogliamo questa opportunità di cammino per andare avanti imparando a mettere i piedi proprio lì dove abbiamo deciso di guardare…
Pensiero del giorno:
La resistenza passiva è una spada universale da usarsi in ogni caso:
benedice colui che la usa e colui contro il quale viene usata.
Senza spargere una goccia di sangue ottiene risultati di vasta portata.
Non arrugginisce mai e non può essere rubata.
Santi Marcellino e Pietro
Marcellino, presbitero, e Pietro, esorcista, della Chiesa romana, subirono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano, a Roma, nel 304.
Secondo la Passio scritta da papa Damaso I (366 - 384), i due vennero condotti in un luogo chiamato Selva Nera (ribattezzato Silva Candida, sulla via Cornelia) e decapitati dopo essere stati sottoposti a varie torture; i loro corpi sarebbero stati ricomposti dalla matrona Lucilla e deposti nelle catacombe Ad Duas Lauros (Torpignattara, lungo via Casilina). Sul luogo della loro sepoltura, papa Siricio fece erigere una basilica, detta appunto basilica dei Santi Marcellino e Pietro, poi divenuta anche sede di titolo cardinalizio.
Le loro reliquie vennero inviate in Francia da papa Gregorio IV e vennero poi traslate nell'abbazia di Seligenstadt sul Meno, presso Magonza, da Eginardo, consigliere di Carlo Magno. I santi Marcellino e Pietro ebbero grande popolarità nei primi secoli del cristianesimo, tanto che i loro nomi vengono citati nel Canone romano.
Vangelo del giorno
Gli dicono i discepoli: Ecco adesso parli apertamente e non dici alcuna similitudine.
Adesso sappiamo che sai tutte le cose e non hai bisogno che qualcuno ti interroghi: per questo crediamo che sei uscito da Dio.
Rispose loro Yeshua: Adesso credete?
Ecco viene un’ora, ed è venuta, che sarete dispersi ciascuno alle proprie cose e mi lascerete solo: e non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto queste cose affinché abbiate pace in me.
Nel mondo avete tribolazione; ma abbiate coraggio, io ho vinto il mondo.
Gv 16,29-33
Preghiera per perdonare i nemici
Signore, in particolar modo, ti prego
perché Tu mi conceda la grazia del perdono
nei riguardi di quella persona che mi ha fatto soffrire
più di ogni altra nella vita.
Ti chiedo di darmi la forza di perdonare
colui/colei
che considero il mio più grande nemico/la mia più grande nemica,
la persona che dicevo di non voler più perdonare
e che mi riesce difficile perdonare.
Ti ringrazio, Signore,
perché mi stai liberando dal male della mancanza di perdono.
Possa il tuo Santo Spirito riempirmi della sua luce
e illuminare ogni area oscura della mia mente.
Amen.
Pensiero del giorno:
Affronta il male ovunque lo vedi, evita di combattere colui che lo commette,
così come non vorresti essere perseguitato tu per il male che operi continuamente.
San Carlo Lwanga e compagni martiri
Carlo Lwanga e altri ventuno compagni sono i protomartiri dell’Africa nera e fanno parte di quel centinaio di cristiani, tra cattolici e protestanti, vittime della persecuzione del re ugandese Mwanga. Costui, come già suo padre re Mutesa, aveva accolto favorevolmente i Padri Bianchi del cardinale Lavigérie, dimostrandosi amico dei cristiani e arrivando ad esortare i suoi sudditi a farsi battezzare. Ma poi cambiò improvvisamente idea, sobillato dal “katikiro”, una specie di cancelliere del regno, che con le sue perfide insinuazioni, sostenuto anche dai notabili e dagli stregoni, riuscì a mettere in cattiva luce i missionari. Costoro tra l’altro rimproveravano al re di comportarsi da vizioso pedofilo con gli adolescenti paggi, alcuni dei quali ancora catecumeni.
Mwanga prima vietò ai sudditi di seguire la religione cristiana, poi nel 1885 passò all’aperta persecuzione decretando la soppressione di tutti i neofiti, non esitando ad ucciderne alcuni personalmente. Furono un centinaio le vittime di questa folle decisione. La strage cominciò in maggio con decapitazioni, mutilazioni e crudeli torture a danno di sette prigionieri.
Il 3 giugno 1886 Carlo Lwanga e dodici compagni, quasi tutti paggi e guardie reali al di sotto dei vent’anni, furono bruciati vivi in un unico grande rogo a Namugongo: tra essi un ragazzo di tredici anni, di nome Kizito, che seppe offrire un mirabile esempio di fortezza. Altri due morirono successivamente: l’ultimo fu gettato in uno stagno, dopo essere stato decapitato, il 27 gennaio 1887.
Così narrano le fonti: Quel mattino, quando il re Mwanga radunò la corte, vibrava nell’aria una spasmodica attesa. Nella sala si notava l’insolita presenza di alcuni energumeni, mentre il gruppo dei paggi reali, splendidi esemplari di bellezza negra, si stringeva attorno al trono. A costoro Mwanga diede uno strano ordine: Tutti coloro tra voi che non hanno intenzione di pregare possono restare qui accanto al trono; quelli invece che vogliono pregare, si radunino contro quel muro. Il capo dei paggi, Carlo, fu il primo a muoversi dal suo posto, e dopo di lui altri quindici. Ma voi pregate veramente? - indagò il re. Sì, mio signore, noi preghiamo veramente - rispose a nome di tutti Carlo, che coi suoi compagni aveva passato in preghiera la notte appena trascorsa. E avete deciso di continuare a pregare? - incalzò il re. Sì, mio signore, sempre, fino alla morte. Allora uccideteli - decise bruscamente il re, rivolgendosi ai carnefici, perché non voleva più cristiani nel suo territorio.
Ventidue martiri ugandesi furono beatificati da Benedetto XV nel 1920 e canonizzati da Paolo VI il 18 ottobre 1964. Sul luogo del loro martirio fu costruito a Namugongo un santuario, il cui altare maggiore venne consacrato da Paolo VI durante il suo viaggio in Uganda, nel 1969. Già nel 1934, Carlo Lwanga era stato designato da Pio XI patrono della gioventù dell’Africa cristiana.
Vangelo del giorno
Queste cose disse Yeshua e, avendo alzati i suoi occhi al cielo disse: Padre è venuta l’ora: glorifica il tuo Figlio affinché il Figlio glorifichi Te, come hai dato a Lui potere su ogni carne, affinché a tutto ciò che hai dato a Lui, (il Figlio) dia la vita eterna a loro.
Ora questa è l’eterna vita: che conoscano Te il solo vero Dio e chi Tu hai mandato, Yeshua, il Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra avendo compiuto l’opera che hai dato a me perché la facessi; e ora Tu, Padre glorifica me presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me e hanno osservato la tua parola.
Ora hanno conosciuto che tutte queste cose che mi hai dato sono da te: poiché ho dato loro le parole che mi hai dato ed essi le hanno accolte e hanno conosciuto veramente che da te sono uscito e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro, non prego per il mondo ma per coloro che hai dato a me, perché sono tuoi.
E tutte le mie cose sono tue e le tue mie, e io sono glorificato in essi. E Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo e io vengo a Te.
Padre santo custodisci loro nel tuo nome che mi hai dato, affinché siano uno come noi.
Gv 17,1-11
Preghiera
Partire, Signore, è un avventura appassionante.
Abbiamo voglia di vivere, ma spesso abbiamo paura.
Sì, abbiamo paura e di fronte a Te,
vogliamo prenderci il coraggio di ammetterlo.
Donaci di essere uomini che sanno stare in piedi
come tu desideri, che sappiano accettare la chiamata di ergersi,
di crescere per incamminarsi pieni di Te e liberi
sulla strada della vita.
Aiutaci a non sciupare le occasioni che ci doni,
a non rubare inutilmente tempo e spazio agli altri,
a rifiutare di rimanere chiusi nei nostri recinti
per donare noi stessi per il bene-bello dell’esistenza.
Donaci ancora la forza dello Spirito Paraclito
per procedere lungo la Via
senza voler subito sapere
quello che ad ogni svolta la strada ci riserva:
vogliamo compiere i nostri passi
non più con la testa fra le nuvole,
ma con i piedi ben radicati sulla terra
avendo la mano nella Tua.
Vogliamo uscire dalle nostre case, Signore,
gioiosi e fiduciosi,
per seguire senza timore la strada “sconosciuta”,
perché la Vita è davanti a noi
e Tu solo sei la Verità da amare.
Amen.
San Bonifacio martire
Winfrid o Bonifacio sembra appartenesse a una nobile famiglia inglese del Devonshire, dove è nato intorno al 680. Egli professa la regola monastica nell’abbazia di Exeter e di Nursling, prima di dare inizio all’evangelizzazione delle popolazioni germaniche oltre il Reno. Dapprima cerca di raggiungere la Frisia ma non vi riesce a causa dell’ostilità tra il duca tedesco Radbod e Carlo Martello. Decide allora di compiere il pellegrinaggio a Roma per pregare sulle tombe dei martiri e ricevere la benedizione di papa Gregorio II che ne asseconda lo slancio missionario. Quindi Winfrid rientra in Germania, sostando prima nella Turingia e poi raggiungendo finalmente la Frisia, appena assoggettata dai Franchi, dove opera le prime conversioni. In tre anni raggiunge gran parte del territorio tedesco: addirittura i Sassoni rispondono con entusiasmo alla sua predicazione.Signore Yeshua risorto,
che apri la tua mano per nutrire ogni vivente,
guarda a noi piccola comunità,
accoglici alla tua mensa
perché possiamo testimoniare che solo tu sazi la fame e la sete
di giustizia, di amore, di libertà e di pace.
Signore, che ci raduni ogni giorno alla tua Mensa,
sostieni la nuova comunità donandole uomini ispirati
che continuino a celebrare con noi e per noi l’Eucaristia,
che ci indichino la via da seguire stimolati dalla tua Parola,
che ricerchino sempre l’unità e il perdono praticando la lavanda dei piedi.
Signore, che hai chiesto agli apostoli di prendersi cura della folla,
sostieni coloro che vivono la fatica di questo tempo,
perché ogni persona diventi consapevole di essere custode
del tesoro del proprio cuore e di ogni fratello e sorella che le vive accanto.
Signore, che ci doni
il tuo pane, vero cibo e il tuo sangue, vera bevanda,
ravviva nella nostra comunità il desiderio di te
perché ciascuno diventi pane spezzato per gli altri
e, nel dono di sé, un bene per l’umanità.
Signore Yeshua, che attraverso il tuo corpo e il tuo sangue,
ci chiami a seguirti donando tutto noi stessi per la causa del Vangelo,
difendici dal male, alimenta in noi l’amore e mantienici fedeli alla tua Parola,
perché possiamo dare gloria a te in ogni istante
sollevando lo sguardo verso il regno della gioia.
Amen.
Pensiero del giorno:
Chi sa molte cose nasconde la sua scienza,
ma lo stupido predica a tutti la sua ignoranza.
San Norberto
Norberto, figlio di Eriberto, conte di Gennep, visse a Xanten, sulla riva del Reno. Ordinato suddiacono, Norberto fu nominato canonico di Xanten e frequentò la corte dell'arcivescovo di Colonia, Federico, che nel 1112 lo aveva ordinato sacerdote, e successivamente quella dell'imperatore Enrico V, di cui fu confessore.
Nel 1115, in segno di ringraziamento per essere scampato a un grave pericolo, Norberto fondò l'abbazia di Fürstenberg, che lasciò insieme con delle terre di sua proprietà, all'arcivescovo Conone di Preneste ed ai suoi successori, i Canonici Regolari di Arrouaise, e decise di dedicarsi alla predicazione itinerante, dopo aver ottenuto l'autorizzazione da papa Gelasio II, nel novembre del 1118. Partì così per la Francia.
A causa di proteste suscitate per la sua predicazione indirizzata anche contro i peccati del clero, il vescovo di Laon preferì assegnargli una sede stabile: la fondazione di un monastero e di un nuovo Ordine proprio nella diocesi di Laon, in una valle nella foresta di Coucy, chiamata Prémontré, in Piccardia.
Norberto guadagnò seguaci in Germania, in Francia, in Belgio e anche in Transilvania, fondando diversi priorati. I conventi dei premostratensi, che adottarono la regola di sant'Agostino, accolsero inizialmente anche le donne, in edifici separati e osservanti la clausura. Tuttavia mezzo secolo dopo la morte di Norberto, le donne furono escluse dall'Ordine, decisione approvata da papa Innocenzo III nel 1198 con la bolla De non recipiendis sororibus.
Successivamente, nel 1126, Norberto fu nominato arcivescovo di Magdeburgo da papa Onorio II. Nello scisma verificatosi a seguito dell'elezione di papa Innocenzo II nel 1130, Norberto, durante il sinodo dei vescovi tenutosi a Würzburg, appoggiò Innocenzo II contro l'antipapa Anacleto II. Negli ultimi anni egli fu cancelliere e consigliere dell'imperatore Lotario II. Morì a Magdeburgo e fu sepolto nella locale abbazia norbertina; successivamente, i suoi resti furono trasferiti nell'abbazia del Monastero di Strahov a Praga, dove tuttora riposano. Fu canonizzato da papa Gregorio XIII nel 1582.
Vangelo del giorno
Quando dunque ebbero pranzato, Yeshua dice a Simon Pietro: Simone di Giovanni, mi ami più di questi? Gi rispose: Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene.
Gli disse: Pascola i miei agnelli. Gli disse di nuovo per la seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami? Gli rispose: Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene.
Gli disse: Sii pastore delle mie pecore.
Gli disse per la terza volta: Simone di Giovanni, mi vuoi bene?
Pietro si rattristò perché gli aveva detto per la terza volta: Mi vuoi bene?
E gli disse: Signore, tu sai tutte le cose, tu conosci che ti voglio bene.
Gli rispose Yeshua: Pascola le mie pecore.
Amen amen ti dico: quando eri più giovane cingevi te stesso e camminavi dove volevi; ma quando invecchierai tenderai le tue mani, e un’altro ti cingerà e porterà dove non vuoi.
Ora disse questa cosa indicando con quale morte avrebbe glorificato Dio.
E dopo aver detto questa cosa gli dice: Seguimi.
Gv 21,15-19
Preghiera
Dio mio,
voglio imparare ad usare bene il tempo che tu mi dai
per impiegarlo sapientemente, senza più sciuparlo.
Insegnami a prevedere senza tormentarmi,
insegnami a trarre profitto dagli errori passati,
senza lasciarmi prendere dagli scrupoli.
Insegnami ad immaginare l'avvenire
senza disperarmi se non può essere
come io l’ho immaginato.
Insegnami a guardare i miei limiti e le mie debolezze
senza cadere nell'inquietudine.
Insegnami ad agire senza fretta,
e ad affrettarmi senza precipitazione.
Insegnami ad unire la fretta alla lentezza,
la serenità al fervore, lo zelo alla pace.
Aiutami quando comincio,
perché è proprio quello il momento in cui vacillo.
Veglia sulla mia attenzione quando lavoro,
e soprattutto riempi tu i vuoti delle mie opere.
Fa' che io ami il tempo opportuno, il kairos,
che tanto assomiglia alla tua grazia
perché esso porta tutte le opere al loro fine
e alla loro perfezione
senza che noi abbiamo l'impressione
di parteciparvi in qualche modo.
Scelgo di non lasciarmi sopraffare dal tempo kronos
che il mondo mi impone,
perché il tempo e ogni tempo
è nelle tue mani, Signore onnipotente,
Dio della storia, Dio della vita, Dio dell’eternità.
Amen.
La parola Pentecoste significa 50 giorni.
Agli inizi si trattava della festa cananea della mietitura. Non appena gli ebrei giunsero in Palestina acquisirono questa liturgia. Il centro del rito consisteva nell’offerta a Dio delle primizie del raccolto
cfr. Dt 23,15-21.
Con Mosè gli ebrei inserirono questa festa nella storia della salvezza. Così a Pentecoste si celebrava il dono della legge sul Sinai a tutto il popolo ebraico.
Per i cristiani, invece, la Pentecoste ricorda la discesa dello Spirito sugli apostoli (cfr. At 2,1-12). Dio è presente in loro in un’altra forma. Se questo è vero la vera via da seguire non sono più le Dieci Parole (comandamenti) ma l’ascolto dello Spirito. Fede non è eseguire un comandamento ma permettere a Dio di vivere, secondo la sua forma, in noi. La vera obbedienza è al Dio che ci abita. Pentecoste è allora operare un salto qualitativo, quantico, passare da un livello di superficie più basso ad un livello più alto, interno, trasformando la materialità in spiritualità.
Nel brano degli Atti degli apostoli vi sono tre immagini che richiamano lo Spirito Santo.
Il vento, non tanto quello esterno, materiale, ma quello interno, spirituale. Il vento è la libertà che ognuno può avere: chi ce l’ha, ha il coraggio di uscire, di esporsi al giudizio, di affrontare le sfide, di osare, di rischiare, di esprimersi per ciò che lui/lei è… Quando manca il vento si è nella condizione di blocco e di paura. Il vento soffia dove vuole e ascolti la voce di lui ma non sai dove viene e dove va; così è ogni nato dallo Spirito
Gv 3,8.
Il fuoco: le lingue non sono lingue fisiche, ma è il fuoco che si accende dentro, la passione che arde nel cuore. Il fuoco è la forza, la tenacia, l’ardore, il coraggio, “l’essere presi”, il giocarsi del tutto per una causa o per un motivo, l’entusiasmo, la vitalità che brucia dentro l’anima. Se manca si diventa freddi, senza motivazioni, rinchiusi. Fuoco sono venuto a portare sulla terra e come vorrei che fosse già acceso
Lc 12,49.
Parlare le lingue: non si tratta di conoscere tutte le lingue del mondo, ma di conoscere la lingua dell’amore, la lingua dei vivi, quella che tocca, che fa vibrare, che parla al cuore della gente
cfr. Mc 16,17.
Vivere immersi nello spirito significa cambiare prospettiva, avere occhi nuovi, desideri divini. La stessa vita può essere terribilmente materiale o incredibilmente spirituale, piena di buio o di luce. Tutto può essere materia o tutto può essere spirito, dipende da ciò che abita il nostro cuore. Lo Spirito Santo diventa visibile a chi lascia spazio al proprio cuore!
Vangelo del giorno
Se amate me custodirete le procedure, quelle mie e io chiederò al Padre e vi darà un altro Paraclito, affinché sia con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede né lo conosce. Voi lo conoscete perché dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, verrò da voi. Ancora poco e il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete, perché vivo e voi vivrete. In quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi. Chi ha dentro le mie procedure e le osserva, quello è colui che mi ama, ma chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e manifesterò a lui me stesso. Gli disse Giuda, non l’Iscariota: Signore, cosa è accaduto che tu stai per manifestare te stesso a noi e non al mondo? Gli rispose Yeshua: Se qualcuno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo da lui e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che ascoltate non è mia ma del Padre che mi ha inviato. Vi ho detto queste cose rimanendo presso di voi; poi il Consolatore, lo Spirito quello Santo, che il Padre invierà nel mio nome, quello vi insegnerà tutte le cose e vi farà ricordare tutte le cose che vi ho detto.
Gv 14,15-26
Preghiera
Prepara sette lumini e accendine uno ad ogni invocazione
Spirito Santo, donami la tua Sapienza.
La Parola e le procedure di Yeshua non siano per me un peso o un limite alla libertà, ma la risposta ai miei desideri più veri, alle mie aspirazioni più belle, per poterle vivere con gioia, entusiasmo e coraggio nella vita di ogni giorno.
Spirito Santo donami il gusto e il sapore della verità e della tua giustizia.
Spirito Santo, donami il tuo Intelletto.
Aiutami a vincere la crosta dura del “fan tutti così” e dell’apparenza, per arrivare alla verità delle cose: a ciò che conta e che dura, che non mostra ma dona, che non incanta, ma costruisce.
Spirito Santo donami un’intelligenza limpida e uno sguardo penetrante.
Spirito Santo, donami il tuo Consiglio.
Aiutami a cercare la verità animato dall’amore, ad imparare ad amare senza attaccamenti e a creare la pace senza scadere nel pacifismo timido e inconcludente.
Aiutami a non cedere al relativismo delle opinioni, a rispettare tutti senza rinunciare alle mie intuizioni e al mio sentire.
Aiutami ad essere umile senza nascondere la mie capacità e senza sfuggire alle mie responsabilità.
Aiutami a cercare la giustizia senza parzialità e sotterfugi e senza mai dimenticare il perdono e la misericordia.
Spirito Santo, donami la tua Fortezza
per non cedere all’istinto del dominio, dell’arroganza e della prepotenza.
Donami la tua fortezza per non lasciarmi convincere nel seguire ciò che è mortale e per avere il coraggio di spendermi a favore del bello e del bene.
Donami la fortezza per non rispondere a violenza con altra violenza, desistendo dal scendere in pista per combattere perché solo i miti abiteranno la terra e nella pace continueranno a vivere.
Spirito Santo donami la tua Scienza
per dare profondità e ordine alla mia conoscenza che spesso non sa andare al di là di ciò che vede, tocca e misura.
Donami la tua scienza per avere gli occhi capaci di cogliere in tutte le creature la bellezza del Creatore e avere la saggezza di custodirla.
Donami la tua scienza per avere orecchi capaci di cogliere la voce del creato che mi invita a lodare e a ringraziare Dio sin dalle prime luci del mattino.
Spirito Santo donami la tua Pietà
per essere pronto ad affidarmi a Dio Padre con abbandono fiducioso in tutte le situazioni che la vita mi pone davanti, per sentirLo vicino anche nei momenti di difficoltà e di sofferenza, quando si insinua in me il sospetto che Egli non sia più al mio fianco ed io cada in balìa delle mie deboli forze.
Spirito Santo non voglio più pensare male di Dio.
Spirito Santo donami il Timore di Dio,
per non dimenticare che la mia grandezza sta nell’essere sua creatura, per non cedere alla tentazione di voler essere come Lui anzitempo, per resistere alla presunzione di poter decidere da me ciò che è vitale e ciò che è mortale.
Donami il Timore di Dio, affinché, pieno di stupore per la sua immensità, verità, bontà e bellezza, l’oggetto dei miei pensieri sia sempre ciò che è vero, buono ed utile alla vita.
Amen.
Pensiero del giorno:
Maria è il silenzio, la calma, il raccoglimento.
Non parla molto nel Vangelo, solo sette volte, perché è Colei che ascolta e conserva il Logos nel cuore. Così si impara ad amare.
Beata Maria Vergine Madre della Chiesa
Questa memoria che si celebra il lunedì dopo la Pentecoste, giorno in cui nasce la Chiesa, ci ricorda come la maternità divina di Maria si estenda, per volontà di Yeshua, verso tutti gli uomini ovvero verso la Chiesa stessa che a lei si affida.
Questo titolo mariano già presente nella sensibilità di Sant’Agostino, di San Leone Magno, di Benedetto XV e di Leone XIII, compare in modo ufficiale in data 21 novembre 1964, quando papa Paolo VI, a conclusione della terza sessione del Concilio Vaticano II, dichiara la Vergine “Madre della Chiesa”. Nel 1975, la Santa Sede propone anche una Messa votiva in onore della Madre della Chiesa, che però non entra nella memoria del Calendario liturgico. Anche san Giovanni Paolo II, nel 1980, invita a venerare Maria come Madre della Chiesa, ma bisogna attendere l’11 febbraio 2018, 160° anniversario della prima apparizione della Vergine a Lourdes, perché questa memoria diventi obbligatoria.
Oggi celebriamo Maria che sta sotto la croce e non lascia di seguire Yeshua nemmeno di fronte alla sua morte: da Lui riceve in affidamento Giovanni e con Lui tutta l’umanità. Maria è invitata a dire un nuovo “Eccomi” più convinto e più maturo, capace di andare oltre la soglia del pensare umano. Il Sì di Maria non è detto una volta per tutte, ma cresce e matura attraverso gli avvenimenti della vita. Ed è proprio in questa fedeltà raggiunta, che Maria riceve una nuova missione, quella di divenire “Madre della Chiesa”, anzi Madre di una nuova comunità. Madre, perché ci rigenera nella grazia, purché impariamo a crescere nella statura di Cristo (cfr Ef 4,7-13).
Questa festa ci aiuta allora a ricordare che la vita in Yeshua deve evolvere, avanzare, svilupparsi dal profondo del cuore. Come Maria ha saputo “stare” sotto la Croce, senza evitare di scappare dalla fatica del capire e anche del soffrire, così Maria, Madre, saprà “stare” accanto a ciascuno dei suoi figli. Allo stesso modo questi ultimi, come nuovi Giovanni, sapranno invocarla nei momenti chiave della vita come quando stanno per costruire comunità o quando stanno per compiere un passaggio nel proprio cammino, o quando si verrano a trovare di fronte a situazioni contrarie. Ciò che conta è saper stare, esserci, rispondere con il Sì a tutto ciò che la vita ci pone davanti, accettandolo per poi imparare a leggerlo e a trasformarlo con la potenza della Parola di Dio.
Vangelo del giorno
Stavano allora presso la croce di Yeshua la madre di lui, la sorella di sua madre, Maria, quella di Clèopa e Maria Maddalena.
Yeshua allora, avendo visto la madre e accanto il discepolo che amava, dice alla madre: Donna, ecco il figlio di te.
Poi dice al discepolo: Ecco la madre di te. E da quell’ora il discepolo prese lei fra le proprie cose.
Dopo questo, Yeshua, sapendo che ormai tutte le cose erano adempiute, affinché si adempisse la Scrittura, dice: Ho sete.
Giaceva un vaso pieno di aceto; allora posero una spugna, piena di aceto, avendola posta intorno a un issopo, l’accostarono alla sua bocca.
Quando dunque prese l’aceto, Yeshua disse: È compiuto!
E, reclinato il capo emise lo spirito.
Poiché era la Parascève, i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce di sabato, era infatti un giorno grande quel sabato, domandarono a Pilato che fossero rotte le loro gambe e fossero tolti.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe del primo e dell’altro concrocifisso con lui, ma venuti da Yeshua, come videro che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con la lancia gli trafisse il fianco, e subito uscì sangue e acqua.
Gv 19,25-34
Preghiera
Maria, Madre, della nuova umanità,
portaci a Dio ripetendo quell’Eccomi,
come grande Sì alla Vita e all’Amore.
Insegnaci ad aprire il nostro cuore all’ascolto del Logos,
perché possiamo riconoscere la voce di Dio e la sua chiamata
negli eventi che ogni giorno ci interpellano chiedendo risposte.
Sveglia in noi il desiderio di seguire i passi di Yeshua,
uscendo dalla “nostra” terra fatta di legami e attaccamenti
per accogliere la sua promessa fatta di crescita e di sviluppo
della nostra persona, dei nostri talenti e del nostro spazio libero di movimento.
Aiutaci a lasciarci toccare dalla Grazia, tu che ne sei ricolma,
perché possiamo sentire di appartenere alla bellezza del regno di Dio
senza dubitare mai della sua Presenza.
Spingici ad affidarci pienamente a Yeshua,
a credere nella funzionalità delle sue indicazioni,
soprattutto nei momenti di difficoltà e tribolazione,
quando la nostra fede è chiamata a maturare.
Semina in noi, Maria, la gioia del Risorto,
ricordandoci che non siamo mai soli
e che se impariamo ad unirci nel suo nome,
non avremo più nulla da temere.
Vogliamo imparare a guardare l’esistenza con gli occhi di Yeshua,
in attesa del suo ritorno
dove tutto tornerà nell’ordine e nell’armonia
stabiliti da sempre dall’eterno Padre.
Maria, siediti ancora accanto a noi,
mostraci la posizione amante del figlio di Dio,
che nella meditazione, attende silente,
Il dono dello Spirito,
prima di dirigersi nella vita
con nuove scelte e nuove azioni.
Amen.
Pensiero del giorno:
In ogni comunità c'è del lavoro da fare,
ci sono ferite da sanare e modi di pensare da armonizzare.
In ogni cuore c'è la possibilità di farlo
San Barnaba apostolo
Negli Atti degli Apostoli si racconta di Giuseppe, detto Barnaba, il figlio della consolazione, un levita, nato a Cipro, che vendette un podere per darne il ricavato agli Inviati del Signore (cfr. At 4,36-37).
Secondo fonti antiche, egli era un apostolo che, pur non essendo uno dei Dodici, apparteneva al numero dei settanta discepoli di cui parla il Vangelo (cfr. Lc 10,1). Infatti gli apostoli, che avevano stima di lui, lo inviarono ad evangelizzare ad Antiochia. Egli era un uomo di grandi intuizioni e aveva subito capito che quella terra era un terreno fertile per la semina della Parola di Dio. Tornando a Gerusalemme dagli apostoli chiese il benestare per prendere con sé Saulo, il neo-convertito, prelevandolo dal suo ritiro a Tarso. Da qui ha inizio la loro collaborazione che frutta numerose conversioni e si diffonde la notizia che: Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani (At 11,26). Saulo, che oramai aveva acquisito il nome romano di Paolo e Barnaba, cominciarono così a portare il Gioioso Annuncio tra i pagani, raggiungendo diversi lidi.
Come prima tappa scelsero Cipro, patria dello stesso Barnaba, a cui si aggregò il cugino Giovanni Marco, il futuro evangelista, apportando un valido contributo. Tuttavia, all’inizio del secondo viaggio missionario, il giovane ebbe dei ripensamenti. Paolo che dal canto suo non voleva modificare il programma, preferì separarsi dai due cugini che rimasero a Cipro. Paolo e Barnaba mostrano due differenti personalità che si completano vicendevolmente. Il primo, austero, votato più al piano realizzativo dell’annuncio per la conversione, la spada che porta le persone a tagliare con il passato in modo radicale; Barnaba, uomo della relazione, che cuce e cerca di ripristinare un clima comunitario, per dare spazio a un nuovo stile di vita sposato sul Vangelo. A Listri, in Licaonia, al termine del primo viaggio missionario, Paolo aveva guarito uno storpio, suscitando il clamore delle folle convinte che gli dei fossero scesi sulla terra. E chiamarono Barnaba Giove e Paolo Mercurio, perché dei due era il più eloquente (cfr. At 14,8-12). Dopo la separazione da Paolo non si hanno più notizie di Barnaba. Alcuni scritti apocrifi parlano di un suo viaggio a Roma e del suo martirio, avvenuto intorno al 70, a Salamina, per lapidazione da parte dei Giudei della diaspora.
A Barnaba è attribuita la paternità della Lettera agli Ebrei e dell’apocrifo Vangelo di Barnaba, oggi andato perduto. Barnaba rimane una figura di spicco nella comunità cristiana nata a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, un uomo che, grazie alle sue intuizioni, ha saputo intessere relazioni capaci di suscitare nelle persone il desiderio di vivere insieme secondo le indicazioni del Vangelo.
Vangelo del giorno
Non pensate che io sia venuto per annullare la legge o i profeti: non sono venuto ad annullare ma a compiere. Amen infatti vi dico: finché non passino il cielo e la terra, un solo iota o una sola virgola non passerà affatto dalla legge finché avvengano tutte le cose. Chi dunque scioglie una sola di queste procedure, le minime, e così insegnasse agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi fa e insegna questi precetti sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Infatti vi dico che se non abbonda la vostra giustizia più degli scribi e dei farisei non entrerete affatto nel regno dei cieli.
Mt 5,17-20
Dalla lettera di Barnaba (o pseudoBarnaba) del I secolo
C’è una via che è la via della luce. Se qualcuno desidera percorrerla arrivare fino alla meta lo faccia, operando attivamente. Le indicazioni per trovare e seguire questa via sono le seguenti.
Amerai colui che ti ha creato e temerai colui che ti ha plasmato. Glorificherai colui che ti ha redento dalla morte. Sarai semplice di cuore, ma ricco nello spirito. Non ti unirai a quelli che camminano nella via della morte. Odierai qualunque cosa dispiaccia a Dio. Disprezzerai ogni ipocrisia. Non abbandonerai i comandamenti del Signore.
Non esalterai te stesso, ma sarai umile in tutte le cose. Non ti attribuirai gloria. Non tramerai contro il tuo prossimo. Non ammetterai sentimenti di orgoglio nel tuo cuore.
Amerai il tuo prossimo più del tuo modo di pensare. Non procurerai aborto e non ucciderai il bambino dopo la sua nascita. Non ti disinteresserai di tuo figlio e di tua figlia, ma insegnerai loro il timore di Dio fin dalla fanciullezza.
Non bramerai i beni del tuo prossimo, né sarai avaro. Non ti unirai ai superbi, ma frequenterai le persone umili e giuste. Qualunque cosa ti accada, la prenderai in bene, sapendo che nulla avviene che Dio non voglia. Non sarai volubile nel pensare né userai duplicità nel parlare; la lingua doppia infatti è un laccio di morte.
Metterai in comune con il tuo prossimo tutto quello che hai e nulla chiamerai tua proprietà; infatti se siete compartecipi dei beni incorruttibili, quanto più dovete esserlo in ciò che si corrompe? Non sarai precipitoso nel parlare; la lingua infatti è un laccio di morte.
Usa il massimo impegno per mantenerti libero e casto. Lo esige il bene della tua anima.
Non avere mano larga per prendere e stretta nel dare. Amerai come la pupilla dei tuoi occhi chiunque ti dirà la parola del Signore.
Giorno e notte richiamerai alla mente il giudizio finale e ricorderai ogni giorno la compagnia dei santi, sia quando ti affanni a parlare e ti accingi a esortare e mediti come possa salvare un’anima per mezzo della parola, sia quando lavori con le tue mani per purificarti dai tuoi errori.
Non esiterai nel dare, né darai il tuo dono in modo offensivo. Sai bene chi è che retribuisce la giusta mercede. Custodirai intatto il deposito, che ti è stato affidato, senza sottrazioni o manipolazioni di sorta.
Odierai sempre il male. Giudicherai con giustizia. Non farai nascere dissidi, ma piuttosto ricondurrai la pace, mettendo d’accordo i contendenti.
Confesserai i tuoi peccati. Non ti accingerai alla preghiera con una coscienza cattiva.
Ecco in che cosa consiste la via della luce.
Pensiero del giorno:
La gloria mondana da cui ti fai innalzare è segno della tua dannazione.
Sant’Antonio da Padova
Fernando di Buglione nasce a Lisbona da Maria Teresa Taveira e da Martino Alfonso de' Buglioni, discendente dal crociato Goffredo di Buglione. Fernando riceve il battesimo nella cattedrale di Lisbona, dove Fernando viene battezzato ricevendo la prima educazione spirituale dai canonici lì residenti. Nel 1210, all'età di quindici anni, diventa novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo appartenente all'Ordine dei Canonici regolari di Sant’Agostino.
Qui studia scienze e teologia con ottimi maestri e si prepara all'ordinazione sacerdotale che riceverà nel 1219, a ventiquattro anni. Tuttavia Fernando decide di lasciare l'ordine agostiniano perché non sopporta i maneggi politici tra i canonici agostiniani e re Alfonso II: in cuor suo egli desidera una vita secondo lo spirito del Vangelo.
Ecco che nel 1220, giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare su ordine di Francesco d’Assisi. Fernando, cogliendo l’occasione manifesta ciò che sente e ottiene il permesso sia dal provinciale francescano di Spagna che dal priore agostiniano di entrare nel romitorio dei Minori. Qui emette la professione religiosa, mutando il nome in Antonio in onore dell'abate eremita egiziano, chiedendo poi di partire missionario in Marocco. Tuttavia mentre si trova sul veliero diretto in Africa è colpito da febbre malarica e si lascia convincere dai compagni a rientrare in patria per curarsi. La nave fa sosta a Messina; qui presso il convento dei frati della città in due mesi guarisce.
A Pentecoste è invitato al Capitolo generale a Santa Maria degli Angeli in Assisi dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente.
Dopo un anno e mezzo di vita contemplativa e di penitenza, dove svolge le mansioni più umili in una piccola chiesa a Montepaolo presso Forlì, si fa notare per la sua predicazione nella chiesa di San Mercuriale in occasione di un’ordinazione di nuovi sacerdoti. Francesco stesso, attraverso una lettera, gli assegna il ruolo di predicatore e insegnante raccomandandogli di non perdere lo spirito di orazione e devozione. Egli predica in Italia settentrionale contro le eresie, insegna nel convento bolognese di Santa Maria della Pugliola dove pone le basi della scuola teologica francescana e nel 1225 arriva in Francia. Qui assume un incarico di governo come custode di Limoges.
Dopo la morte di Francesco, avvenuta il 3 ottobre del 1226, partecipa nel 1227 al Capitolo generale di Assisi dove viene nominato provinciale dell'Italia settentrionale. Antonio, mentre scrive i suoi sermoni domenicali, apre nuove case, visita i conventi per conoscere personalmente tutti i frati, controlla l’ordine delle Clarisse e il Terz’ordine finché non fissa la residenza a Padova. Su richiesta di papa Gregorio IX nel 1228 tiene le prediche della settimana di Quaresima davanti ad una folla cosmopolita, dove si narra che ognuno lo sentì parlare nella propria lingua. Viaggia per tre anni senza risparmiarsi, finché si ritira a Camposampiero, vicino Padova, per riposare: qui il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce.
Da qui Antonio predica, ma scende anche a confessare. Curioso l’episodio in cui una notte il conte, mentre si sta recando al rifugio del Santo, è attirato da una grande luce provenente dalla casa sull’albero: stupito assiste alla visita di Yeshua Bambino al Santo.
A mezzogiorno del venerdì 13 giugno, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Padova, dove vuole morire. Posto su un carro trainato da buoi, alla periferia della città le sue condizioni si aggravano a tal punto che i frati decidono di ricoverarlo nel vicino convento dell'Arcella dove muore in serata. Poco prima di spirare San’Antonio vede il Signore mentre nella città di Padova frotte di bambini cominciano a correre e a gridare: è morto il Santo.
Il corpo viene portato nel suo convento di Santa Maria Mater Domini da dove cominciano i miracoli, gli stessi che Antonio aveva operato anche in vita: esorcismi, profezie e guarigioni. Antonio durante il suo pellegrinaggio sulla terra aveva riattaccato una gamba recisa, fatto ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna aveva riattaccato i capelli che il marito geloso le aveva strappato, aveva reso innocui cibi avvelenati, predicato ai pesci, costretto una mula ad inginocchiarsi davanti all’Ostia consacrata, è stato visto in più luoghi contemporaneamente, ha fatto parlare un neonato per dichiarare l’innocenza della madre accusata ingiustamente dal marito di adulterio…
Antonio viene canonizzato l'anno seguente la sua morte da papa Gregorio IX e a lui viene dedicata la grande basilica che sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini a Padova, città di cui è patrono. A trentadue anni dalla sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trova la lingua di Antonio incorrotta. Oggi la reliquia è conservata nella cappella del Tesoro della basilica. Nel 1946 Pio XII proclama Sant’Antonio da Padova Dottore della Chiesa perché quando si parla con la Parola di Dio si permette alla realtà di ritrovare e risentire la sua Fonte di origine (cfr. Gn 1,3).
Vangelo del giorno
Voi avete udito che fu detto: Non commettere adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se poi il tuo occhio destro ti scandalizza, cavalo e gettalo via da te. Ti conviene infatti perdere una delle tue membra piuttosto che vada nella Geenna il tuo corpo intero. E se la tua mano destra ti scandalizza tagliala e gettala via da te; ti conviene infatti perdere una delle tue membra piuttosto che vada nella Geenna il tuo corpo intero. Fu detto poi: Chiunque dimettesse sua moglie le dia il documento di ripudio. Ma io vi dico: ognuno che dimette sua moglie, salvo il caso di concubinato, la fa diventare adultera e chiunque sposa una ripudiata commette adulterio.
Mt 5,27-32
Preghiera: Si quaeris miracula
Secondo la tradizione popolare questa preghiera, composta nel 1233 da fra’ Giuliano da Spira, se ripetuta per tredici volte consecutive ottiene di recuperare le cose perdute, soprattutto quelle non materiali.
Se cerchi i miracoli,
la morte, l'errore, la calamità
e il demonio sono messi in fuga,
gli ammalati a divenir sani.
Il mare si calma,
le catene si spezzano;
ritrovano le cose perdute
i giovani ed i vecchi.
S'allontanano i pericoli,
scompaiono le necessità;
lo attesti chi ha sperimentato
la protezione del Santo di Padova.
Il mare si calma,
le catene si spezzano;
ritrovano le cose perdute
i giovani ed i vecchi.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio,
ora e sempre,
nei secoli dei secoli.
Il mare si calma,
le catene si spezzano;
ritrovano le cose perdute
i giovani ed i vecchi. Amen.
O Lingua benedetta, che benedicesti sempre il Signore e lo facesti benedire dagli altri,
ora chiaro appare di quanto merito sei stata al cospetto di Dio.
Pensiero del giorno:
La Trinità è relazione tridimensionale: Dio, Yeshua e lo Spirito Santo.
Le nostre relazioni sono tridimensionali: Io, Tu e il Noi che si forma.
Dalla loro cura dipende la nostra felicità.
Santissima Trinità
La festa di oggi porta in sé un concetto che non trova definizione nei Vangeli, ma solo esperienze. Il vissuto precede sempre la teoria. Prima una cosa si vive e poi, riflettendoci sopra, la si comprende. Infatti i primi cristiani prima hanno fatto esperienza di “Dio”, solo poi hanno cercato di esprimerLo.
La Tri-unità riguarda il Figlio, il Dio in terra, il Padre, il Dio in cielo, lo Spirito, il Dio sempre presente. Ogni volta che noi ci facciamo il segno della croce non facciamo nient’altro che invocare questa verità di fede (dogma): Nel nome del Padre, nel nome del Figlio e nel nome dello Spirito Santo.
Gli apostoli hanno conosciuto Yeshua, hanno ascoltato le sue parole e le sue parabole, visto i suoi miracoli, toccato con mano la sua forza, la sua passione e la sua verità. I primi cristiani non hanno dubbi, sanno che Yeshua è veramente il Figlio di Dio. La risurrezione ne è la conferma: Yeshua è il Dio che si incarna nel tempo-spazio della storia, che prende forma, umanità e visibilità. Tuttavia questa esperienza termina con la sua ascensione al Padre.
I discepoli infatti in Yeshua hanno sperimentato qualcosa di nuovo: Dio Padre, un Dio nuovo, diverso, chiamato Abbà (Paparino). Yeshua stesso parla con suo Padre molte volte amorevolmente. Lui è sempre presente, a Lui ci si può sempre rivolgere, Lui sempre ascolta, anche se rimane sovente in silenzio: non interviene né a salvare il Figlio sulla croce, né a risolvere i nostri problemi. È il Padre, vicino e lontano, quaggiù e lassù, al di fuori del tempo e dello spazio.
Questo porta i primi cristiani ad avere un’altra esperienza: Yeshua, il Cristo, in un modo nuovo e di difficile comprensione rimane sempre presente dentro di loro, come Spirito, energia, fuoco, ardore, fiducia. Yeshua, il Figlio di Dio, continua a vivere in loro e in ogni creatura permeando di sé tutto ciò che esiste.
Questa esperienza dei primi cristiani nel corso degli anni è divenuta il dogma della Trinità: l’Unico Dio che vive in Tre persone, distinte, diverse, ma non separate, che è presente in più modi. Egli è Uno e Trino.
Passano i secoli e si cerca di capire come queste Tre persone si rapportino fra di loro. Da una parte c’era il pericolo della simbiosi: sono così unite che sono la stessa cosa; dall’altra il pericolo della separazione: sono tre persone a sé stanti. Questi primi secoli della Chiesa sono pieni di eresie, di dispute e di contrasti per cercare di definire tutto questo. Tutt’ora i cristiani cattolici e gli ortodossi hanno una leggera diversificazione sulla dottrina trinitaria, riguardo al ruolo dello Spirito Santo. Il Concilio di Nicea, nel 325, inizia a porre delle basi chiare: Il Padre e il Figlio sono della stessa sostanza (omousios), cioè: sono diversi ma uguali. Il Concilio di Costantinopoli, nel 381, afferma che non solo il Padre e il Figlio, ma anche lo Spirito è della stessa sostanza, quindi è Dio.
Nei secoli a seguire la Chiesa si interroga sul rapporto che intercorre tra le tre persone della Trinità e la teologia risponde introducendo la parola pericoresi, dal verbo greco peri-choreo che vuol dire ruotare, muoversi in modo circolare. Le tre persone della Trinità sono in un continuo dono, in una continua danza fra di loro. Ciò che caratterizza il loro essere è la relazione, il darsi e il ricevere. Non esiste l’una senza l’altra. Quindi Dio è Relazione, rapporto, connessione, unione, famiglia.
La festa della Trinità allora ci ricorda quanto sia importante prendersi cura della relazione, ossia il Noi che si crea fra un Io e un Tu. È la qualità del nostro rapporto, di come ci relazioneremo che regala la felicità. È il nostro darsi e riceversi che stabilisce, fonda e rende solida la nostra unione.
Vangelo del giorno
Ho ancora molte cose da dirvi, ma non potete portarle per ora. Ma quando verrà quello, lo Spirito di verità, vi precederà nella verità tutta: infatti non canterà da sé, ma canterà quanto ascolterà e vi annuncerà le cose venienti. Quello mi glorificherà perché prenderà dal mio e ve lo annuncerà. Tutte quante le cose che ha il Padre sono mie: per questo ho detto che prende dal mio e lo annuncerà a voi. Un poco e non mi vedete più, e un poco ancora e mi vedrete.
Gv 16,12-16
Preghiera
Avvolgi e proteggi, Padre creatore,
questa tua famiglia con la tua nube.
Illumina e proteggi, Figlio salvatore,
la nostra comunità con la tua voce.
Trasfigura e proteggi, Spirito d’amore,
l’umanità intera con la tua bellezza e la tua pace.
Padre, tu che crei tutte le cose,
Figlio, tu che redimi e completi tutte le cose,
Spirito, tu che riempi e rinnovi tutte le cose,
donaci la morte dell’ego creato dalla mente,
donaci la trasfigurazione dell’Io vero
a tua immagine e somiglianza,
donaci rinascita dall’alto,
risurrezione della nostra persona,
vita per tutti noi, tuoi figli.
Santissima Trinità
relazione d’unità,
danza e canto,
eterno amore,
ci consacriamo a te,
nel nome di Dio Padre,
nel nome di Dio Figlio
nel nome di Dio Spirito Santo.
Amen.
Pensiero del giorno:
Non si sta in solitudine per forza di volontà, ma perché si è pieni di una Presenza.
San Romualdo
Romualdo nasce a Ravenna da una famiglia ducale tra il 951 e il 953. Da giovane entra nel monastero di S. Apollinare, rimanendovi per un triennio, per uscirne deluso dalla mediocrità dei monaci e iniziare a condurre vita eremitica nei pressi della laguna di Venezia, facendosi discepolo di Marino, un eremita al quale più tardi si unisce un gruppo di nobili, tra cui il doge Pietro Orseolo I. Qui conosce l'abate Guarino, uno dei più importanti monaci riformatori del X secolo; questi convince il giovane eremita, non ancora trentenne, a seguirlo nell'abbazia di San Michele di Cuxa, in Catalogna, dove Romualdo visse dieci anni e perfezionò la sua formazione dedicandosi alla preghiera e al lavoro della terra.
Informato sul ritorno alla vita secolare del padre, che si era fatto monaco a S. Severo in Classe, lo raggiunge e lo convince a rientrare nel monastero. Da qui si susseguono una serie di esperienze eremitiche che lo vedono nella zona di Bagno di Romagna, poi sul monte Catria nell’Appennino umbro-marchigiano e a Comacchio. Dopo avere fondato un monastero intitolato a San Michele arcangelo, sul monte fumaiolo, l’imperatore Ottone III gli affida il riordinamento del monastero di S. Apollinare, ma il suo rigore non piace ai monaci e lui se ne va per portarsi nei pressi di Parenzo, in Istria, per tre anni, recluso in una cella, poi in Val di Castro, tra Fabriano e Cingoli, dove costruisce delle celle per sé e per i suoi discepoli, quindi presso Orvieto dove fonda un monastero che abbandona quasi subito perché deluso dalla condotta dell’abate.
Segue una serie di peregrinazioni che nel 1023 lo portano a Camaldoli, dove costruisce cinque celle separate per altrettanti eremiti che si possano dedicare alla sola contemplazione divina; più tardi il vescovo aretino Teobaldo vi consacra la chiesa di S. Salvatore. Infine, dopo aver scelto tra essi il priore, abbandona il luogo per recarsi presso il suo monastero di Val di Castro, recluso in cella eremitica, dove lascia questa terra in odore di santità il 19 giugno 1027. S. Pier Damiani ne scriverà la vita quindici anni dopo, arricchendola di visioni e di miracoli, di lotte col diavolo, tutto attestato dai monaci che lo avevano conosciuto. Romualdo, padre dei monaci camaldolesi, verrà canonizzato verso il 1032 da Benedetto IX.
Vangelo del giorno
Pregando poi non blaterate come i gentili: credono infatti che saranno ascoltati per il gran numero delle loro parole. Dunque non siate simili a loro, infatti il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima del vostro chiederlo a Lui. Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli
il tuo nome è santo
il tuo regno viene
la tua volontà si compie come in cielo così in terra
Tu ci doni il pane di ogni giorno
Tu rimetti a noi i nostri debiti
nell’istante in cui noi li rimettiamo ai nostri debitori
Tu non ci induci in tentazione
ma nella tentazione ci strappi dal maligno.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Mt 6,7-15
Esortazione
Non dire Padre,
se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire nostro,
se vivi isolato nel tuo egoismo.
Non dire che sei nei cieli,
se pensi solo alle cose terrene.
Non dire il tuo nome è santo,
se non lo onori.
Non dire il tuo regno viene,
se lo confondi con il successo materiale.
Non dire la tua volontà si compie,
se non l’accetti quando è dolorosa.
Non dire Tu ci doni il pane di ogni giorno,
se non ti preoccupi della gente che ha fame,
che è senza cultura e senza mezzi per vivere.
Non dire Tu rimetti a noi i nostri debiti..,
se conservi un rancore verso tuo fratello.
Non dire Tu non ci induci in tentazione,
se hai intenzione di continuare a sbagliare strada.
Non dire Tu ci strappi dal maligno,
se continui a lottare contro il male senza preoccuparti di compiere il bene.
Non dire Amen,
se non prendi sul serio le parole del Padre Nostro.
Pensiero del giorno:
Ciò che facciamo solo per noi stessi muore con noi.
Ciò che operiamo per gli altri a favore della vita è già immerso nell’eternità.
San Luigi Gonzaga
Luigi, primogenito di Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere e fratello del duca di Mantova, nasce il 9 marzo del 1568. A cinque anni già indossa una mini corazza con l’elmo sormontato dal pennacchio e il cinturone con la spada, per cominciare a familiarizzare con l’esercito imperiale comandato dal padre: impara così dai soldati l’uso delle armi e un colorito vocabolario. Era questo il sogno di Ferrante per Luigi. Addirittura un giorno, approfittando della distrazione di una sentinella il fanciullo dà fuoco alle polveri di un piccolo pezzo di artiglieria rimanendone tramortito, ma per niente spaventato.
A dieci anni il ragazzo, mandato a Firenze, in qualità di paggio del granduca di Toscana, dà una svolta alla propria vita imprimendole una direzione ben precisa e votandosi alla verginità perpetua. Comincia da qui l’uso di nuove “armi”. In un viaggio in Spagna, dove trascorre un paio d’anni come paggio dell’Infante don Diego, apprende la filosofia presso l’università di Alcalà de Henares e affronta la lettura di libri devoti, quali il Compendio de la doctrina espiritual di Luigi Granada.
A dodici anni, dopo aver ricevuto la prima comunione da S. Carlo Borromeo, Luigi decide di entrare nella compagnia di Yeshua. Tuttavia dovrà aspettare almeno due anni per vincere le resistenze del padre che, nel frattempo, lo invia presso le corti di Ferrara, Parma e Torino. Questa esperienza lo porterà a scrivere queste precise parole: Anche i prìncipi sono cenere come i poveri: forse, cenere più puzzolente.
Finalmente a quattordici anni Luigi rinunzia all’eredità paterna e al titolo ed entra nel noviziato romano della compagnia di Yeshua, sotto la direzione di San Roberto Bellarmino. Qui, dimenticando la sua nobile origine, sceglie le incombenze più umili e si dedica al servizio degli ammalati, specie durante il periodo della peste che, nel 1590, colpisce la città di Roma. Anch’egli rimane contagiato dal morbo, dopo che si era caricato sulle spalle un moribondo per portarlo in Campidoglio, all’ospizio dove prestava servizio.
Il suo forte temperamento e le dure penitenze alle quali si era assoggettato sono il segno di una determinazione non comune verso quella meta che in modo molto lucido egli si era prefissato fin dalla prima adolescenza. Attraverso la sua persona Dio semina nel mondo la bellezza di una vita votata al servizio degli altri in modo bello e gratuito che viene dal distacco delle aspettative familiari, culturali e tradizionali. Solo quando ciò avviene si è liberi di scegliere quel modo di vivere che il Signore da sempre ha pensato per ognuno dei suoi figli.
San Luigi muore a ventitré anni, il 21 giugno del 1591, nel giorno che aveva previsto. Il suo corpo ora riposa nella Chiesa di Sant’Ignazio a Roma.
Vangelo del giorno
Nessuno può servire due padroni. O infatti odierà uno e amerà l'altro, oppure si attaccherà a uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e il possesso. Per questo vi dico, non preoccupatevi per la vostra vita, cosa mangerete o cosa berrete, né per il vostro corpo, cosa vestirete. Non è forse la vita più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate agli uccelli del cielo che non seminano né mietono né raccolgono in granai e il Padre vostro quello celeste li nutre. Voi non avete più valore di loro? Chi poi tra voi preoccupandosi può aggiungere sulla sua statura un solo cubito?
E per il vestito perché vi preoccupate? Osservate i gigli del campo come crescono; non faticano né filano. Ma dico a voi che neppure Salomone, in tutta la sua gloria, vestì come uno di questi. Se allora Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, (uomini) di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: Cosa mangiamo? Oppure: Cosa beviamo? Oppure: Cosa vestiamo? Infatti tutte queste cose ricercano i pagani.
Cercate invece prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno aggiunte. Non preoccupatevi per il domani; infatti il domani si preoccuperà di se stesso: è sufficiente al giorno la pena di se stesso.
Mt 6,24-34
Esortazione
Dio solo crea la realtà,
ma tu puoi scegliere di leggerla nella fede.
Dio solo ispira desideri di bellezza,
ma tu puoi muovere le mani con i fratelli per custodirla.
Dio solo può dare l’amore,
ma tu puoi imparare ad amare interagendo con gli altri.
Dio solo può donare la forza,
ma tu puoi sostenere chi l’ha persa.
Dio solo è la luce,
ma tu puoi farla brillare negli occhi di tutti.
Dio solo è vita,
ma tu puoi seminare negli altri il gusto di viverla.
Dio solo può fare l’impossibile,
ma tu puoi cominciare a fare il possibile per sorprenderti
di essere riuscito a realizzare molto di più.
Dio solo basta a se stesso,
ma preferisce contare su di te.
Pensiero del giorno:
Prima di dire che non sei degno di Lui,
prova a pensare a quanto ne hai bisogno!
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Questa festa compare relativamente tardi nella liturgia della Chiesa. Siamo nell’estate del 1263 o 1264 e un sacerdote boemo, Pietro da Praga, è assalito dal dubbio sulla presenza reale di Cristo nel pane e nel vino consacrati. In realtà egli sta mettendo in discussione da tempo la sua stessa vocazione. Decide, quindi, di andare a Roma, a pregare sulla tomba di Pietro per placare i suoi dubbi di fede. Preghiera e meditazione a Roma gli rinfrancano l’animo e ritorna a casa sereno. Sulla strada del ritorno si ferma a pernottare nella chiesa di Santa Cristina di Bolsena. Tuttavia il giorno successivo è riassalito nuovamente dal suo dubbio. Allora prega incessantemente santa Cristina per avere come lei la forza di resistere a questa ennesima prova.
Cristina era una santa martire del III-IV secolo. Suo padre era governatore della zona del lago di Bolsena, acerrimo nemico dei cristiani. La figlia, invece, simpatizzava con i cristiani e con la nuova religione. Scoperto ciò, suo padre stesso la torturò e la fece mettere in carcere. Cristina tuttavia non cambiò idea e per questo motivo venne condannata a morte trafitta dalle frecce. Pietro allora sta chiedendo a Dio di avere la stessa forza di Cristina, che nonostante la situazione avversa non cedette nel suo intento.
E così avviene.
Durante la celebrazione succede il miracolo: alla frazione del pane, l’ostia diviene carne da cui stilla miracolosamente abbondante sangue. La situazione è incredibile ma allo stesso tempo imbarazzante: il sacerdote Pietro cerca di nascondere tutto, avvolgendo il corporale di lino usato per la purificazione del calice, che si macchia di sangue e fugge in sagrestia. Durante il tragitto alcune gocce di sangue cadono nel marmo del pavimento e sui gradini dell’altare.
Andando ad Orvieto, nel famoso duomo, si possono vedere il corporale, i purificatoi e le lastre di marmo con le gocce di sangue.
In quegli stessi anni una mistica belga, la beata Giuliana di Liegi o Giuliana di Cornillon, (1192-1258), ha una serie di visioni dove Cristo stesso le chiede l’istituzione del Santissimo Sacramento. Così sceglie di dedicare tutta la sua vita per diffondere questo culto. Sono questi due eventi che spingeranno Papa Urbano IV, nel 1264, a istituire la festa del Corpus Domini, in cui la Chiesa ricorda che nel pane e nel vino sono presenti veramente il Corpo e il Sangue di Cristo. Chiunque mangia il pane consacrato non mangia solamente un pezzo di pane ma si incontra con Lui, il Signore della Vita. Il Pane ci dona le informazioni sotto forma di procedure per condurre la vita, mentre il sangue ci offre l’energia necessaria per proseguire il cammino intrapreso. Senza questo alimento è facile smarrirsi, perdere la bussola e il vero senso dell’esistenza.
Vangelo del giorno
E gli apostoli, ritornati, gli esposero quanto fecero.
E, presili con sé, si ritirò in disparte verso una città chiamata Betsaida.
Le folle, avendolo saputo, lo seguirono e, accoltele, parlava loro del regno di Dio e guariva coloro che avevano necessità di cura. Il giorno cominciava a declinare.
Venuti i dodici gli dissero: Congeda la folla, affinché, andati in giro nei villaggi e borgate, abbiano alloggio e trovino nutrimento, poiché qui siamo in un luogo deserto. Yeshua dice loro: Date voi stessi loro da mangiare.
Ma essi risposero: Non abbiamo più di cinque pani e due pesci, a meno che, andati, noi comperiamo cibi per tutto questo popolo. Erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: Fateli sdraiare circa cinquanta per gruppo.
E fecero così e fecero sdraiare tutti.
Presi i cinque pani e i due pesci, alzato lo sguardo verso il cielo, li benedisse e li spezzò e dava ai discepoli per offrirli alla folla. E mangiarono e furono saziati tutti e fu raccolto per essi l’avanzo: dodici canestri di pezzi.
Lc 9,11-17
Preghiera
Signore tu sei la luce del mondo,
noi lampade che risplendono nelle tenebre.
Signore tu sei la porta
noi coloro che ne varcano la soglia.
Signore tu sei il Logos-Parola
noi la voce che riecheggia nel deserto.
Signore tu sei il pane della vita,
noi chicchi di frumento da seminare.
Signore tu sei il vino dell’esistenza
noi i tralci della vite da potare.
Signore tu sei la via,
noi l’umanità in cammino.
Signore tu sei la verità,
noi ricercatori di informazioni e mendicanti d’amore.
Signore tu sei la vita,
noi coloro che desiderano liberarsi dai pensieri che causano disarmonie.
Signore tu sei il bel Pastore,
noi il gregge da Te guidato.
Signore tu sei Risurrezione,
noi coloro che desiderano oltrepassare la morte accanto a Te.
Signore tu sei la gioia vera
noi la possibilità di viverla perché tutto sia in cielo come in terra.
Amen.
Pensiero del giorno:
Come in cielo così in terra.
Come dentro così fuori.
Come oggi così sempre…
Natività di San Giovanni Battista
Oggi la Chiesa celebra la festa dell’Immergitore, il primo maestro di Yeshua. Il Signore è stato inizialmente suo discepolo, poi si è distaccato da lui per compiere la sua strada. Infatti mentre Giovanni si era fermato ad annunciare che un mondo era finito, Yeshua proclama un mondo nuovo che sta per iniziare. Per questo motivo i due sono parenti, legati da una missione affine e complementare. Giovanni rimarrà per sempre legato a Yeshua: è il suo precursore.
Zaccaria, il padre di Giovanni, è un sacerdote. Zaccaria era sposato con Elisabetta e il Vangelo dice che erano giusti e osservanti impeccabili di tutte le leggi e le prescrizioni del Signore (cfr. Lc 1,6). Zaccaria è un ebreo doc, un buon credente religioso e un uomo giusto, ma non sembra essere felice, gli manca vitalità. Infatti Zaccaria ed Elisabetta non hanno figli, sono sterili (cfr. Lc 1,7). Nella Bibbia Dio punisce l’empio con la sterilità (cfr. Gb 15,34): la sterilità esterna è segno di quella interiore.
La nostra vita non è cattiva, forse non abbiamo fatto nulla di male, solo che ci sentiamo vuoti. Infatti non sappiamo più ridere, sorridere, commuoverci; non abbiamo il coraggio di fare qualche piccola pazzia; non ci lasciamo andare agli slanci e agli entusiasmi; spesso siamo cinici, professionali, freddi, calcolatori; non riusciamo più a lasciarsi riscaldare il cuore dall’amore… Manca la gioia di vivere, il gusto di sapere e di conoscere, il desiderio di migliorarsi, la forza per superare i propri ostacoli: si è vuoti quando non si vibra più e non ci si sa più entusiasmare. Questo procura tristezza, insicurezza e dispersione in mille cose da fare, in continue corse ansiose senza mai raggiungere l’obiettivo.
Zaccaria ed Elisabetta sono talmente religiosi che sono vuoti, senz’anima, a tal punto che il vecchio sacerdote non accetta e “rifiuta" l’angelo del Signore che gli annuncia la cosa che più desiderava: la nascita di un figlio (cfr. Lc 1,13-18). Zaccaria rifiuta il dono perché ciò comporta delle conseguenze e per questo diverrà muto (cfr. Lc 1,22). Il problema è che il nome che l’angelo gli propone non prosegue la sua linea genealogica e il compito che egli prospetta per questo figlio è quello di ricondurre il cuore dei padri verso i figli e non viceversa: insomma Zaccaria deve cambiare modo di pensare e di vivere, per questo si oppone. Zaccaria è vecchio, non tanto fuori ma dentro. Lui ha già stabilito tutto come dev’essere e non c’è più spazio per il nuovo. Quest’uomo è già morto.
Saranno proprio i sacerdoti e i religiosi a non voler aver niente a che fare con Yeshua, mentre lo accoglieranno gli impuri, i pagani (cfr. Mt 8,1-13), le prostitute e i miscredenti (cfr. Mc 2,15-17; Mt 11,19), gli eretici e i samaritani (cfr. Gv 4), i ladri (cfr. Lc 19,1-10; Mc 2,13-15), cioè tutti coloro che erano disponibili ad uscire dalle loro strade preconfezionate e già stabilite per cambiare modo di vivere.
Elisabetta però rimane incinta (cfr. Lc 1,24). Il vangelo di oggi descrive ciò che accadde al momento della circoncisione del figlio. Infatti all’ottavo giorno la Legge prescriveva di circoncidere il neonato (cfr. Gn 17,12; Lv 12,3; Fil 3,5). Con questo rito il bambino maschio veniva ammesso alla comunità di Israele e alla Legge. Il rito veniva normalmente compiuto dal capofamiglia, assistito dai parenti e dalla gente del vicinato ed era solo lui a dover imporre il nome al figlio. Le donne non avevano autorità su tutto questo.
La prassi comune non viene rispettata, la tradizione si blocca, Elisabetta obbedisce all’angelo e impone il nome al bambino. E come per ogni rottura di rito, di uso e di consuetudine si creano scombussolamento e rifiuto. Cambiare non è mai facile, ma è l’unica cosa che conta. Per Giovanni diventerà una missione di vita: egli preparerà il popolo di Dio alla venuta del Signore Yeshua proponendo la strada della conversione.
Nella notte del 23 giugno la tradizione vuole che si prepari l’acqua di San Giovanni. Per ottenerla è necessario preparare in una ciotola un misto di erbe e fiori spontanei, raccolti rigorosamente dopo il tramonto, l’iperico, la lavanda, l’artemisia, la malva, fiori e foglie di menta, rosmarino e salvia, a cui è possibile aggiungere petali di fiordaliso, papavero, rosa o camomilla, in base alle fioriture del territorio. Messe in acqua, si lasciano all’esterno per tutta la notte, così che possano assorbire la rugiada del mattino. Con quest’acqua ci si può lavare mani e viso il mattino del 24 giugno ottenendone beneficio, nutrimento e purificazione. In tutta Europa c'è anche l’usanza dei falò che vengono accesi nei campi perché le lingue delle fiamme diano rinforzo al sole. A fuoco spento, si possono poi raccogliere le ceneri per cospargerle tra i capelli, per dare loro rinforzo e proteggere la testa da certi pensieri nocivi.
In diverse regioni viene prodotto anche l’olio di San Giovanni, un unguento naturale utilizzato per la cura della pelle grazie alle sue proprietà cicatrizzanti, antisettiche, emollienti e antinfiammatorie. Si ricava dalla macerazione dei fiori freschi di iperico che, dal 24 giugno, vengono separati dai boccioli ancora chiusi dai gambi e messi in un barattolo di vetro. Versato l’olio evo, lasciando circa 3 dita di spazio dal bordo del barattolo, lo si fa macerare al sole per circa un mese. Trascorso il mese, si filtra l’olio che nel frattempo ha assunto un colore rosso-arancio e lo si conserva a riparo dal sole in un contenitore dal vetro scuro con chiusura ermetica.
Vangelo del giorno
Ora per Elisabetta si compì il tempo di partorire e generò un figlio.
E ascoltarono i vicini e i suoi parenti che il Signore ha magnificato in lei la sua misericordia e si congratulavano con lei.
E avvenne che nel giorno ottavo vennero per circoncidere il bambino e lo volevano chiamare con il nome di suo padre, Zaccaria.
E rispondendo sua madre disse: No, verrà chiamato Giovanni.
E le dissero: Non c’è alcuno della tua parentela che si chiami con un nome così.
Ora chiedevano con cenni a suo padre come avrebbe voluto che fosse chiamato.
E chiesta una tavoletta scrisse dicendo: Giovanni è il suo nome.
E si stupirono tutti.
Ora si aprì la sua bocca all’improvviso e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
E fu timore su tutti i loro vicini, e in tutta la montagna della Giudea si discuteva di tutti questi avvenimenti e tutti quelli che li udivano li ponevano nel loro cuore dicendo: Cosa dunque sarà questo bambino?
E infatti la mano del Signore era insieme con lui. (…)
Ora il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e viveva nei deserti fino ai giorni della sua manifestazione a Israele.
Lc 1, 57-66.80
Cantico di Zaccaria Lc 1,68-79
Traduzione tratta da Shiloh, edizioni Usiogope
Benedetto il Signore il Dio di Israele
perché ha guardato e liberato il suo popolo
e ha suscitato per noi una forza di salvezza nella casa di David suo servo
come aveva parlato per bocca dei suoi santi profeti da sempre
salvezza dai nostri nemici e dalla mano di quanti ci odiano
per fare misericordia ai nostri padri
e ricordarsi della sua santa alleanza
patto che giurò ad Abramo nostro padre
di concederci liberati dalla mano dei nemici
di servirlo senza paura in santità e giustizia
davanti a lui tutti i nostri giorni.
E tu che ora sei piccolo sarai chiamato profeta dell’Altissimo
camminerai infatti incontro al Signore
a preparare le sue vie per dare conoscenza della salvezza al suo popolo
nel perdono dei loro peccati attraverso le viscere di misericordia del nostro Dio
nelle quali guarderà giù a noi un’aurora dall’alto
per risplendere a coloro che sono seduti nella tenebra e nell’ombra di morte
per raddrizzare i nostri piedi verso la via della pace.
Pensiero del giorno:
Ecco: sto alla porta e busso (Ap 3,20).
E se la porta fosse il cuore e il suo battito il bussare del Signore che viene?
Cosa aspettiamo ad aprire?
Sacro cuore di Yeshua
Il culto di adorazione al Sacro Cuore di Yeshua nasce per onorare la causa materiale della sua corporeità umana indissolubilmente unita da sempre con la sua divinità come attesta la bolla Auctorem Fidei di papa Pio VI e per contemplare l'amore del Salvatore per l’umanità.
Il cuore del Signore è rappresentato incoronato di spine, sovrastato dalla croce e ferito dalla lancia per richiamare il suo più alto gesto d’amore, ed è circondato dalle fiamme in riferimento all'ardore misericordioso che Cristo prova per tutti coloro che si sono separati da Dio a causa degli sbagli di mira, più comunemente detti peccati.
La festa si fonda sull’espressione potente e precisa di Yeshua: Venite a me tutti voi affaticati e appesantiti e io vi riposerò. Prendete il mio giogo su voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro-riposo per le vostre psyché; perché il mio giogo-legame è utile-indispensabile e il mio carico è leggero. Mt 11,28-29
La devozione al Sacro Cuore inizia con la mistica tedesca del tardo medioevo. Tuttavia la sua grande fioritura avviene nel corso del XVII secolo, prima ad opera di Giovanni Eudes (1601-1680) e poi per le rivelazioni private alla visitandina Margherita Maria Alacoque, diffuse dalla Compagnia di Yeshua. Nel XIX secolo Papa Leone XIII, sotto suggerimento, divinamente ispirato, della beata Maria del Divin Cuore, contessa Droste zu Vischering, promulga l'enciclica Annum Sacrum in cui viene consacrato tutto il genere umano al Sacro Cuore di Yeshua. Altrettanto importanti per la diffusione della devozione al Sacro Cuore sono altre due encicliche: Miserentissimus Redemptor di Pio XI e soprattutto Haurietis Aquas di Pio XII.
Al cuore di Yeshua si deve la pratica dei Primi nove venerdì del mese, in seguito alla grande promessa che il Signore avrebbe rivelato a santa Margherita Maria Alacoque, consistente nella grazia della perseveranza finale per chi si fosse comunicato il primo venerdì di nove mesi consecutivi. La Santa vede la devozione come riparatoria dei peccati commessi nei confronti del Sacro Cuore.
La seconda richiesta riportata da Margherita Maria Alacoque si realizza il 16 giugno del 1875 quando l'arcivescovo di Parigi pone la prima pietra della Basilica del Sacro Cuore di Montmartre. La terza richiesta è istituita durante l'inaugurazione del Memoriale Heiho Niten Ichi Ryu, l'8 dicembre 2014, ufficializzato da Francia, Giappone, Cambogia, Russia e dall’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico presso cui sventolano le bandiere del Sacro Cuore reale e del Sacro Cuore repubblicano.
La festa del Sacratissimo Cuore viene celebrata per la prima volta in Francia probabilmente nel 1672, ma diviene universale per la Chiesa solo nel 1856. Il giorno della ricorrenza cade il venerdì successivo alla solennità del Corpus Domini. Si tratta di una festa mobile la cui data dipende dalla Pasqua.
La festa ci ricorda che per imparare ad amare bisogna andare sempre alla Fonte: il cuore dell’unico Maestro e Signore, Yeshua, il Cristo.
Vangelo del giorno
Allora disse loro questa parabola: Quale uomo fra voi che ha cento pecore e ne perde una di esse, lasciando le novantanove nel deserto non va su quella perduta finché non la trova?
E dopo averla trovata la pone sulle sue spalle rallegrandosi e giunto in casa convoca gli amici e i vicini dicendo loro: Rallegratevi con me perché ho trovato la mia pecora, la perduta.
Vi dico che così ci sarà in cielo più gioia per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
Lc 15,3-7
Preghiera
Sacro cuore di Yeshua,
fonte viva e vivificante della vita,
tesoro da ricercare con gioia,
presenza d’amore e dono di grazia,
Tu sei luogo di riposo per lo spirito,
ispirazione continua e pacifica della mente,
decisione e sicurezza stabile per ogni passo.
Amabile Signore,
fa’ che il fuoco del tuo amore accenda il mio cuore della tua stessa energia,
insegnami a dialogare dentro di me immerso nella vibrazione della tua Parola,
alimenta la mia fame e sete di giustizia con le procedure del Regno,
così che si compia solo il tuo volere,
ogni mia azione sia a beneficio dell’umanità
e la mia esistenza diventi sempre più conforme al compito
per cui da sempre è stata creata, amata e donata.
Amen.
Pensiero del giorno:
Il cuore conosce oggi quello che la testa comprenderà domani!
Cuore Immacolato di Maria
La festa fu istituita nel 1945 in ricordo della consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria ad opera di papa Pio XII, avvenuta nel 1942, mentre diverse nazioni erano provate dalla seconda guerra mondiale, ma la devozione è antichissima. Il Cuore di Maria è rappresentato circondato da una corona di fiori, simbolo di purezza, e trapassato da una spada, in riferimento a quanto le fu profetizzato da Simeone alla Presentazione al Tempio: Ecco, egli è costituito per la caduta e per la risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione, - e poi una spada ti trapasserà l’anima - così che siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc 2,35). Nel Vangelo di Luca si trovano i primi accenni ai segreti tesori nascosti in esso: Maria da parte sua serbava tutti questi eventi meditandoli nel suo cuore (Lc 2,19).
Gli stessi Padri e i Dottori della Chiesa hanno intessuto spesso le lodi al Cuore immacolato di Maria. Nel Medioevo la devozione è stata coltivata da Santa Matilde e S. Gertrude e poi diffusa mediante i loro scritti. Tuttavia il vero dottore di questa devozione fu S. Giovanni Battista Eudes (1601-1680) a Napoli, il primo che “non senza una divina ispirazione” pensò di comporre la S. Messa e l’Ufficio del culto liturgico al Cuore di Maria. Su questa devozione scrisse pure il prezioso trattato: Il Cuore ammirabile della SS. Madre di Dio.
La devozione poi andò crescendo insieme a quella del Sacro Cuore di Yeshua e, dal secolo XVII in poi, molte famiglie religiose si dedicarono in modo speciale ad onorare il Cuore di Maria. Nel secolo scorso, la devozione alla medaglia miracolosa, che porta sul retro i due cuori di Yeshua e di Maria, diede una potente spinta alla devozione dopo le rivelazioni di Fatima. La Vergine, infatti, apparendo ai tre pastorelli, disse queste parole: Per la salvezza dei peccatori Iddio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato e, se sarà fatto quanto io vi dirò, molte anime si salveranno. La Madonna chiedeva inoltre preghiere: Rosario quotidiano, Comunione nei primi Sabati del mese e il compiere diligentemente e fedelmente le proprie mansioni, l'accettazione della croce, la rinuncia a qualche comodità…
Lucia, la veggente, riferì anche che il 10 dicembre 1925, in un'altra apparizione insieme a Yeshua Bambino, la Vergine le aveva portato questo nuovo messaggio: A tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa comunione, reciteranno il rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell'ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza. Si tratta della cosiddetta “Grande promessa del Cuore Immacolato di Maria”, da cui ha avuto origine la devozione dei “Primi cinque sabati del mese”.
Numerose congregazioni si sono consacrate al cuore immacolato di Maria, così il mondo, i continenti, gli stati, le regioni e le città. La prima chiesa dedicata a questa memoria fu la Chiesa della Madonna del Cuore di Rieti nel 1808. La memoria cade il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Yeshua, si tratta quindi di una celebrazione mobile.
Consacrarsi al cuore immacolato di Maria è un atto intelligente e previdente che fa bene al cuore di tutti.
Vangelo del giorno
E ogni anno i suoi genitori andavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
E quando fu di dodici anni, saliti essi secondo l'usanza della festa e finiti i giorni, mentre loro ritornavano, resistette Yeshua, il figlio/servo, a Gerusalemme e i suoi genitori non lo sapevano.
Ora, ritenendo che lui era nella comitiva, fecero un giorno di cammino, poi lo cercarono tra i parenti e i conoscenti e, non avendolo trovato, ritornarono a Gerusalemme in cerca di lui.
E avvenne che dopo tre giorni lo trovarono nel tempio seduto in mezzo ai maestri sia ascoltandoli sia interrogandoli.
Ora tutti coloro che l’ascoltavano erano stupefatti per l’intelligenza e le sue risposte.
E vedendolo furono sbigottiti, e gli disse sua madre: Figlio, perché ci hai fatto questo?
Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo.
E disse loro: Perché mi cercavate?
Non sapevate che è necessario che io sia nelle cose del Padre mio?
Ed essi non compresero la parola che aveva detto loro.
E discese con loro e venne a Nazareth ed era loro sottomesso.
E sua madre serbava tutte le parole nel suo cuore.
E Yeshua progrediva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Lc 2,41-52
Atto di Consacrazione
Con lo sguardo rivolto all’icona di Yeshua e la mano sul cuore si prega con queste parole:
Signore, mio Dio, confidando nel Cuore Immacolato di Maria,
mi consacro interamente a Te, con il mio cuore intero,
con l’anima intera, con la mente intera, con tutte le forze e,
con le stesse parole della Madre del Signore e dell’umanità
canto il mio Sì alla Vita:
Ecco il servo/la serva del Signore:
avvenga di me secondo la Tua Parola,
il Tuo desiderio e per la Tua Gloria.
Amen.
Pensiero del giorno:
La mente si alimenta di ciò che riceve e di quanto riceve,
lo spirito di ciò che dona e di quando si dona.
Santi Pietro e Paolo apostoli
Simon Pietro
Il suo nome è Simone che significa "Dio ha ascoltato” ma Yeshua, a Cesarea di Filippo, lo chiama Pietro (Cefa) forse anche per la sua schiettezza, impulsività e testardaggine (cfr. Mt 16,17-18).
Figlio di Giona o Giovanni, è nativo di Betsaida, città situata a circa tre chilometri a nord del lago di Tiberiade. Successivamente Simon Pietro si trasferisce a Cafarnao, un piccolo villaggio della Galilea, in quella casa dove Yeshua durante la sua predicazione si fermava a soggiornare.
Intorno all’anno 28, accompagnato dal fratello Andrea a conoscere Yeshua (cfr. Gv 1,41-42), viene chiamato dallo stesso Maestro a seguirlo per diventare “un prendente vivi gli uomini” (cfr. Lc 5,1-11) assieme agli altri due fratelli, Giacomo e Giovanni.
Spesso nei Vangeli Pietro parla e agisce a nome degli apostoli, non esita a chiedere spiegazioni e chiarimenti a Yeshua circa la predicazione o le parabole, interrogandolo su varie questioni. Pur essendo una persona semplice e umile, forse poco acculturata, visto il mestiere che praticava, si mostra già molto intraprendente. Infatti, a Cesarea di Filippo, alla domanda di Yeshua: Voi chi dite che io sia? Pietro si affretta ad affermare: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cosa che gli comporterà il conferimento del Primato con l’incarico annesso di governare la Chiesa (cfr. Mt 16,18-19). Ed è ancora lui che, nella sinagoga di Cafarnao, risponde alla provocazione del Signore con la bellissima espressione: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio (Gv 6,67-68).
Curioso è anche il celebre episodio in cui Pietro vuole andare incontro al Signore mentre cammina sulle acque, ma senza riuscirvi a causa di una fede ancora vacillante (cfr. Mt 14,22-33). Altro episodio che lo vede protagonista è quello in cui Yeshua lo invita a pescare un pesce nella cui bocca avrebbe trovato uno statere, ossia quattro dracme, per pagare le tasse che essi dovevano al Tempio (cfr. Mt 17,24-27).
Yeshua sceglie così di affidare la sua Chiesa ad un pescatore sanguigno, istintivo e che fatica a intravedere la volontà di Dio nei diversi eventi della vita: infatti protesta quando Yeshua rivela la sua Passione (cfr. Mt 16,21-23), vorrebbe sottrarsi alla lavanda dei piedi durante l’ultima cena (cfr. Gv 13, 5-11), si oppone con la spada alla cattura del Maestro (cfr. Gv 18,10-11), lo segue di nascosto nonostante i tre rinnegamenti dopo l’arresto (cfr. Gv 18,15-27).
E pur non essendo un asceta o un diplomatico, gli altri undici apostoli gli riconoscono il ruolo conferitogli da Yeshua: infatti sarà lui a prendere diverse iniziative, soprattutto dopo la morte del Signore. La mattina di Pasqua, informato da Maria Maddalena sulla scomparsa del corpo del Signore dal sepolcro, si precipita al sepolcro con Giovanni, (cfr. Gv 20,1-10).
Dopo l’evento della Risurrezione, Pietro con gli altri apostoli si ritrova in casa a celebrare l’Eucaristia, dove spesso si manifesta il Signore (cfr. Lc 24,34). Riprende anche l’attività della pesca dove in una notte trascorsa a pescare invano con altri sei discepoli gli appare Yeshua a rispiegarne la procedura. In questa occasione il Signore chiede in disparte a Pietro di imparare a pascere il proprio gregge sulla via dell’amore e gli predice con quale morte lo avrebbe glorificato (cfr. Gv 21,1-19).
Dopo l’ascensione di Yeshua, Pietro riprende forza e torna a radunare gli Apostoli e i discepoli dispersi, infondendo coraggio a tutti, fino alla riunione nel Cenacolo a cui partecipa anche Maria, dove avviene, nel giorno di Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo (cfr. At 2,1-13). Nel frattempo è riuscito anche a nominare apostolo il discepolo Mattia in sostituzione del suicida Giuda Iscariota (cfr. At 1,15-26). Comincia a parlare in pubblico, a predicare e ad operare guarigioni e miracoli. Viene arrestato per ben tre volte, convocato e rilasciato più volte dal Sinedrio, costretto a prendere atto dell’autorità con la quale parlava e dell’entusiasmo della gente che cresceva sempre di più intorno a lui (cfr. At 4; 5,17-42; 12,1-19). In realtà è un angelo ad accompagnarlo e a proteggerlo. Pietro poi comincia anche a spostarsi di città in città per diffondere la Bella Novella, tornando spesso a Gerusalemme: qui un giorno si presenta, a lui e agli altri apostoli, Paolo che racconta loro la sua conversione (cfr. At 9, 26-28).
Nell’anno 42, Pietro, dopo essere stato ad Antiochia, come primo capo di quella comunità cristiana, giunge in Italia, a Roma, centro dell’Impero romano, dove diventa vescovo e primo papa per più di venti anni. Pur non essendo stato il primo a portare la fede nella Capitale, rimane insieme a Paolo, il fondatore della Roma cristiana, stabilizzando e coordinando la prima comunità.
Pietro alla fine testimonia la sua fedeltà a Cristo con il martirio che avviene intorno agli anni 64-67, sotto l’imperatore Nerone. Rinchiuso nel carcere Mamertino viene crocifisso, secondo la tradizione e per sua volontà a testa in giù, sul colle Vaticano, nel circo Neroniano, a destra della via Cornelia. Sulla sua tomba sorge ora la Basilica di San Pietro in Vaticano
Paolo di Tarso
Saulo, nacque a Tarso, in Cilicia. Cittadino romano, di famiglia ebraica piuttosto benestante, perseguitò duramente i cristiani al servizio delle alte sfere religiose del tempo. Gli Atti degli apostoli raccontano che partecipò da spettatore all’uccisione di Stefano da parte degli Ebrei, i quali lo avevano giudicato colpevole di bestemmia (cfr. At 7, 58 e 8, 1-3).
Dopodiché Saulo si convertì alla nuova fede quando, caduto sulla strada di Damasco, ebbe una visione nella quale Yeshua lo chiamava dicendogli: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?
Appresi i fondamentali della religione cristiana da Anania, assunse il nuovo nome di Paolo, dedicandosi alla diffusione del messaggio di Cristo. Nella Lettera ai Galati Paolo dichiara di avere ricevuto la rivelazione del Vangelo da Cristo stesso, e di essere a pieno titolo un apostolo, con gli stessi compiti degli altri inviati di Yeshua, malgrado si senta indegno per aver perseguitato la Chiesa.
Il centro della predicazione di Paolo era costituito dall’annuncio della morte e risurrezione del Figlio di Dio, il cui sacrificio sulla croce sostituiva i riti e i sacrifici dell’Antico Testamento. Proprio per questo non soltanto gli Ebrei, ma anche i pagani potevano ottenere la salvezza credendo in Lui come Salvatore e vivendo una vita nuova senza più praticare le opere della legge mosaica che prevedeva riti come la circoncisione, le purificazioni rituali con l’acqua e i sacrifici di animali. Proprio con i pagani (gentili) ottenne maggiore successo acquisendo l’appellativo di Apostolo delle genti. Infatti in un primo tempo egli aveva evangelizzato soprattutto gli Ebrei di lingua greca, predicando il sabato nelle sinagoghe e annunciando che Yeshua era il Messia atteso da Israele. Ma tra i membri del suo popolo trovò forti resistenze e ostilità per cui si rivolse ai pagani e fondò varie comunità cristiane in diverse località dell’Asia Minore e della Grecia, lasciando agli altri apostoli la predicazione presso gli Ebrei. Ai nuovi fedeli indirizzò delle lettere per esortarli a perseverare nella fede in Yeshua il Cristo.
Paolo visse per qualche tempo a Corinto, in casa di Aquila e Priscilla, come lui fabbricanti di tende: qui lavorava con le proprie mani per mantenersi e non pesare economicamente sulla comunità. Egli andò a predicare anche ad Atene, all’Areopago, discutendo con i filosofi, i quali di fronte all’annuncio della risurrezione dei morti lo derisero. Qui egli si rese conto che la conversione degli uomini non dipende dalla forza degli argomenti razionali e delle dimostrazioni logiche, ma dalla potenza dello Spirito.
La tradizione attribuisce a Paolo la redazione di 14 lettere, indirizzate a diverse comunità cristiane da lui fondate o comunque legate a lui. Una di esse, la Lettera agli Ebrei, è diversa dalle altre per stile e contenuto perché è stata certamente redatta da un altro autore, mentre alcune lettere sono probabilmente opera di discepoli di Paolo che le tramandarono con il suo nome per attribuire ad esse maggiore autorevolezza.
Nella sua predicazione mise l’accento sul primato della grazia e della fede, più che delle opere, per ottenere la salvezza, dono gratuito di Cristo. Convocato al Concilio di Gerusalemme, Paolo riuscì a far prevalere, con qualche compromesso pratico, il principio secondo cui davanti a Dio non vi è più distinzione tra giudei e pagani.
Soprattutto nella Lettera ai Galati Paolo dichiara di essere consapevole del ruolo di primo piano affidato a lui e a Pietro, incaricati rispettivamente di evangelizzare gli Ebrei e i pagani. Tuttavia, di fronte alla richiesta di circoncidere i pagani convertiti, essi assunsero posizioni differenti: Pietro era più propenso ad accettarla per non urtare la suscettibilità dei giudeo-cristiani, mentre Paolo ribadiva che tali pratiche non erano necessarie ai fini della salvezza.
Pietro e Paolo intrapresero strade diverse senza risparmiarsi nei loro svariati viaggi, nonostante le loro vite continuarono a incrociarsi spesso a Gerusalemme. Qui Pietro si confrontò con lui più volte, ne accettò osservazioni e considerazioni e vi si ritrovò a a discutere per decidere gli orientamenti della Chiesa nascente.
Negli Atti degli apostoli sono descritti i viaggi missionari di Paolo fino all’ultimo viaggio verso Roma, ove giunse, scortato da soldati, per difendersi dalle accuse degli Ebrei davanti al tribunale dell’imperatore. Qui, intorno all’anno 67 d.C., cadde vittima della persecuzione di Nerone e secondo la tradizione fu decapitato e non crocifisso, in quanto cittadino romano, a Roma, fuori le mura, sulla via Ostiense. Sulla sua tomba è sorta la Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Nell’iconografia San Paolo è spesso raffigurato con la spada in mano, che rappresenta la parola di Dio, la spada a due tagli che consente all’uomo di distinguere il bene e il male. Il pensiero di Paolo influenzò notevolmente gli sviluppi della teologia cristiana, in particolare le riflessione di Sant’Agostino e quelle di Lutero.
Pietro e Paolo diventano così i santi patroni della città di Roma. Definiti da papa Leone Magno come i nuovi gemelli di Roma, chiamati a sostituire Romolo e Remo, simboli della Roma pagana, per rifondare la città in senso cristiano. Per questo la loro ricorrenza cade nel medesimo giorno.
In molte regioni italiane, all’interno di una tradizione contadina, nella notte tra il 28 e il 29 giugno si prepara la barca di San Pietro. Messo un albume d’uovo in un contenitore con dell’acqua e lasciato nottetempo sul davanzale, sotto gli effetti della rugiada, al mattino si potrà interpretare il disegno ottenuto, che sarà molto simile a quello di una barca-nave. Le vele spiegate preannunciano un raccolto abbondante.
Vangelo del giorno
Giunto poi Yeshua nelle parti di Cesarea di Filippo interrogava i suoi discepoli dicendo: Chi dicono gli uomini che sia il Figlio dell’uomo?
Essi allora gli dissero: Alcuni Giovanni l’Immergitore, altri poi Elia, altri poi Geremia o uno dei profeti. Dice a loro: Ma voi chi dite che io sia?
Rispondendo allora Simon Pietro disse: Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente.
Allora rispondendo Yeshua gli disse: Sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non l’hanno rivelato a te carne e sangue, ma il Padre mio, quello nei cieli.
E io allora dico a te che tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia comunità e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli e qualsiasi cosa leghi sulla terra sarà legata nei cieli, e qualsiasi cosa tu sciolga sulla terra sarà sciolta nei cieli.
Allora comandò ai discepoli di non dire a nessuno che lui è il Cristo.
Mt 16,13-20
Preghiera
Ti glorifichiamo Padre:
tu solo sei santo, tu sei bellezza, tu l’Amore.
Ti ringraziamo per il dono di Yeshua, tuo Figlio,
principio e compimento della Vita.
Egli ha effuso nella comunità e nei nostri cuori
il tuo Santo Spirito:
voce interiore che ci ammaestra nel cammino,
soffio che alita su di noi energia di luce,
fuoco che accende l’Amore dal profondo,
seme divino che fa fruttificare l’albero che siamo.
Ora ti benediciamo, Signore,
perché hai voluto arricchire dei doni dello Spirito i Santi Pietro e Paolo,
chiamandoli ad essere apostoli del regno della gioia,
la spada e la roccia della tua Chiesa.
Fa’ che illuminati dalla loro testimonianza procediamo sui tuoi sentieri
per crescere con Te, in Te, come Te.
Donaci di vivere e annunciare il tuo Vangelo con la nostra vita,
nonostante la croce e la persecuzione,
di animare il luogo dove ci troviamo a vivere,
di metterci al servizio degli altri, particolarmente dei più piccoli
imparando ad accettare tutti gli eventi della Vita
come nostri indicatori di strada, senza paura.
Tu sei Dio e noi desideriamo lodarti,
ringraziarti e benedirti ora e per sempre.
Amen.
Pensiero del giorno:
Potrebbe capitare di dover dare la vita per la causa del Vangelo:
in quell’istante il mondo muore mentre il sangue versato diventa seme del regno di Dio.
Santi Primi Martiri della Chiesa romana
Oggi si ricordano i santi rimasti senza nome martirizzati durante la persecuzione di Nerone a Roma, dal luglio 64 al 67, subito dopo l'incendio di Roma, scatenato nella notte del 18 luglio 64.
L'imperatore tentava di utilizzare questa mossa sanguinaria per allontanare da sé l'ira del popolo. Lo storico latino Tacito, che pur non vedeva di buon grado la religione nascente, nei suoi Annales non nascose una certa compassione verso i Cristiani: Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma fosse stato doloso, Nerone presentò come colpevoli, punendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati dal volgo cristiani.
Stando al racconto di papa Clemente, la maggior parte delle esecuzioni, avvenne presso i giardini vaticani, messi a disposizione per questo scopo dall'imperatore. I metodi di esecuzione erano tra i più vari e non risparmiavano crudeli beffe per i condannati. Numerosi cristiani, presso i giardini del colle Oppio, vennero cosparsi di pece e infuocati perché fornissero luce nella notte; bambini e donne vennero ricoperti della pelle di alcuni animali e offerti in pasto alle bestie feroci; altri vennero invece crocifissi o decapitati.
Tra le vittime ci furono i due apostoli, capostipiti della Chiesa Romana: Pietro, condannato al supplizio della crocifissione nel circo neroniano, e Paolo, il missionario, decapitato alle Aquae Salvie verso il 65 (o 67).
Vangelo del giorno
Poi avendo visto Yeshua folla intorno a lui comandò di andare dall’altra parte.
Ed essendosi avvicinato uno scriba disse a lui: Maestro seguirò te ovunque vada.
E dice a lui Yeshua: Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo.
Poi un altro dei suoi discepoli gli disse: Signore permettimi prima di andare e seppellire mio padre.
Allora Yeshua gli dice: Seguimi e lascia i morti seppellire i propri morti.
Mt 8,18-22
Esortazione
Tu sei vita, anima mia.
La vita vuole circolare liberamente in te, vuole uscire ed esprimersi.
Metti in circolo la vita, perché tu sei pienezza di energia da vivere.
Tu hai bisogno di amare e di dire a qualcuno:
Ti amo, ti voglio bene, sei importante per me.
Tu hai bisogno di essere amata e che qualcuno ti dica:
Ti amo, ti voglio bene, sei importante per me.
Tu hai bisogno di affetto, di toccare ed essere accarezzata,
che l’amore esca dalle mani, dal corpo, dai gesti e dalle parole.
Tu hai bisogno di esprimerti sempre, di sapere che puoi scegliere,
anche sbagliare, lasciandoti plasmare dalla vita.
Tu hai dei sentimenti e delle emozioni che ti abitano, non trattenerli!
Tu puoi permettere che le lacrime solchino il tuo volto,
perché in alcuni giorni puoi essere triste e soffrire,
ma in tutti gli altri sei chiamata a sorridere,
perché il sorriso è la firma di Dio nella vita.
Tu hai la possibilità di vedere la rabbia che si annida nel cuore,
a causa dei tuoi no alla vita, tu puoi accorgerti di avere paura,
ma, ricordati, che sei fatta per l’espansione e l’armonia.
Tu puoi imparare a chiedere aiuto perché hai bisogno di sentire
la presenza, la vicinanza, l’accompagnamento lungo la tua strada.
Tu sei stupore e meraviglia:
hai bisogno di fermarti e congiungere le mani quando l’invisibile si rende visibile,
quando la bellezza si apre davanti ai tuoi occhi,
quando la tenerezza tocca il tuo cuore.
Tu sei gioia: hai bisogno di cantare, di danzare, di ridere e divertirti,
gustandoti l’esistenza.
Tu sei creatività: hai bisogno di fare del tuo essere un dono,
della tua vita qualcosa di utile perché essa possa rinascere sempre.
Tu sei viva, anima, la vita ti abita,
sei chiamata ad esprimere tutta questa ricchezza del cuore,
sei piena di vitalità che ha bisogno di crescere,
di vivere e di far vivere.
Fede è vivere la vita che c’è in te,
far maturare il seme d’amore
che Dio ha posto nel cuore
di ogni essere con cui vuole
ridare luce a questo mondo.